lunedì 24 marzo 2008

Nonno Aldo

Ricordo lontano di mio nonno. Seduto, stampella poggiata al muro, in un angolino del suo microcosmo. Odore intenso del dopobarba azzurro che teneva nell’armadietto, insieme alle altre piccole cose importanti.
Giornate passate a leggere, sfogliare e rileggere la rivista “Oggi”, la più bella di tutte, o a strillare a qualcuno di rispondere a quel telefono che non smetteva di squillare. E ad aspettare figli e nipoti per offrir loro le gazzose alla sera, e sentirli finalmente tutti intorno a lui.
Mattine trascorse in silenzio a guardare la gente, là fuori, passare senza fine. A fumare una delle MS nel pacchetto e poi a soffiarsi il naso nel fazzoletto uscito dal taschino. Mani poggiate su quella gamba che non si era mai del tutto aggiustata, fin dai tempi in cui era carabiniere.
Pomeriggi immersi tra abitudini e pensieri. Appuntamento in TV con Raffaella, Corrado e Pippo Baudo, amici cari e leali.
Nonno vestito a nuovo il giovedì, per portarci al mercato come fosse una festa. Adagiato sotto il tetto di quel magazzino, ci aspettava e parlava con l’uomo che vendeva la frutta. E fumava, fumava, guardava ed aspettava ancora.
Memoria affettuosa di mio nonno Rocco Romualdo, maresciallo in pensione che tutti chiamavano Aldo. Gridava arrabbiato: “Porco diavolo!” e si sporgeva dalla sedia fin quasi a cadere. Sentiva il rombo assordante di un motociclista, in strada, e gli urlava a pieni polmoni: “Disgraziato!!”. O, appoggiato al muretto del suo cortile, ogni tanto lanciava in terra la sua stampella e così si sfogava. Mentre i nipotini scappavano via, promettendo di non dondolarsi più su quel cancelletto arrugginito, che per loro era un luna-park.

Pensiero triste di un giorno dopo la scuola, quando passavo davanti a quel cortile e lui mi ha chiamato, a gran voce, per dirmi qualcosa. Ed io, di fretta, gli ho fatto un cenno con la mano e non mi sono fermato.
E poi quel vecchio, quell’uomo forte che mi guardava con orgoglio perché ero il suo nipote maschio, non l’ho visto più.

mercoledì 5 marzo 2008

Il Tuffo del Gigante

Quella mattina, il Gigante di Zucchero salutò distrattamente il Gigante di Marmellata.
Era troppo impegnato ad incollare tutte le caramelle che aveva trovato nella dispensa, per costruire l’automobile più appiccicosa che si fosse mai vista in giro.
" Mi porterà verso il mare!" pensava tra sé, e continuava il suo lavoro immerso nei pensieri.
Il Gigante di Zucchero aveva ascoltato spesso i ragazzini parlare tra loro dei tuffi tra le onde del mare. Ed ogni volta aveva provato una grande curiosità riguardo a quella immensa distesa, così fresca ed azzurra, che loro descrivevano entusiasti. Negli occhi di quei piccini brillava la luce viva di un sentimento che lui non conosceva: la felicità.
E così aveva sacrificato tutte le provviste per
l’Inverno (anche le sue amate caramelle ai mirtilli) al fine di avere un mezzo, seppur bizzarro,che lo portasse verso la meta di tutti i suoi desideri.
Dopo giorni di fatiche, tutto era pronto. Il Gigante si sedette sopra i sedili di cioccolato della sua automobile e non esitò un secondo ad avviare il motore, che tra uno scoppio e l’altro faceva schizzare nuvolette di panna dalle marmitte.
Quando ormai l’uscita del villaggio era a pochi metri, il Gigante di Zucchero fu fermato dal Gigante di Miele. "Torna indietro! – lo ammonì –Sappiamo tutti cosa hai intenzione di fare! Nel mare – disse – ti scioglierai!".

Ma il nostro Gigante testardo non si curava minimamente dei suoi consigli e così proseguì il suo viaggio, fiducioso di poter sentire nel cuore almeno per una volta la felicità, quell’emozione sconosciuta e tanto piena di fascino.
Il tragitto dovette sembrargli molto più lungo (perché le ruote dell’automobile si attaccavano all’asfalto bollente) ma, alla fine, il volo dei gabbiani ed il frangersi delle onde sulla spiaggia non lasciarono più alcun dubbio al Gigante di Zucchero: era arrivato al mare.
Scese dal suo veicolo, che alcuni granchi buongustai avevano cominciato già a sgranocchiare, e si gettò in quell’infinita distesa cristallina.


Sull’acqua, il giorno dopo, i ragazzini trovarono un enorme sorriso di zucchero.