mercoledì 20 giugno 2012

Un Altro Inverno



Orribile scoperta. La donna se ne accorse troppo tardi. Quel freddo sabato mattina, facendo colazione, si accorse che tutta la vita era passata. Che si era seduta sempre nello stesso posto in cucina, mangiando ogni volta gli stessi cereali, ascoltando distrattamente quella vecchia radio e fissando la sua ombra su quel muro che la opprimeva. Con terrore, si rese conto che non aveva mai capito nulla davvero e che presto se ne sarebbe andata chissá dove, ingoiata da quel vuoto che sentiva sempre piú vicino. Si avvolse ancor di piú nella sua vestaglia sbiadita e barcolló verso la camera da letto, mentre una mosca affogava nel suo latte, dibattendosi disperatamente.  Lí, incontró lo scheletro. Era seduto sul letto e sorseggiava qualcosa in una tazza sudicia. Il liquido appiccicoso scivolava giú dalla mascella, fino a bagnargli i femori e corrodere le lenzuola, che adesso fumavano. Era una curiosa nuvoletta verdastra che saliva fino al tetto, annerendolo. La donna rimase a guardare, tossendo. Era felice di non esser piú sola. Lo scheletro non disse niente, non le spiegó nulla del mondo, delle cose, della vita o della morte. Si limitó ad indicarle un oggetto sul suo comodino. C'era un'altra tazza, piena fino all'orlo, che lei afferró accennando un sorriso. E bevve, bevve avidamente mentre la sostanza le corrodeva gola, stomaco ed organi, liberandola da ogni peso. La stanza divenne gelida e lo scheletro inizió a tremare, facendo scricchiolare ogni osso del suo corpo in una tetra melodia. Rimaneva poco della donna, adesso. Era una carcassa avvolta in uno straccio, come forse lo era sempre stata. Qualcosa, simile ad una bestia scura e dal ringhio feroce, uscí dalle pareti per trascinarla via. Era una creatura dai gesti goffi, rozzi, che scivolava sulla sua stessa bava e sbatteva ripetutamente sui mobili. Poi tutto finí in un attimo, con grazia, quando lo scheletro pose un fiore appassito sul letto ed andó via, tra la pioggia, molto lontano. La radio in cucina, voce del mondo esterno, continuó a strillare la sua musica alla fine del notiziario. Cominciava un altro inverno.

sabato 2 giugno 2012

Anni Fa


Seduto nella quiete di una sera qualunque, guardo le stelle lontane e torno indietro ai ricordi di tanti anni fa. Sembra fosse ieri. Le prime birre e le feste in spiaggia, con la luna ad illuminare quei salti folli tra le onde. Poi, ognuno con il suo zainetto,  passeggiavamo sul lungomare in quelle mattine di settembre. Firme e disegni sui diari nuovi inauguravano l'anno scolastico, appena iniziato. I pomeriggi si facevano più freddi ed arrivavano i compiti a cambiare le nostre abitudini, anche se l'estate era difficile da dimenticare. Un panino con l'amico alla bottega vicino casa e poi un giro in motorino, senza meta e senza scopo. Liberi. Sigarette fumate di nascosto, scherzi e discorsi fino a far tardi per cena. La folla di ragazzi in centro e la pizza in comitiva del sabato sera.  C'era ogni volta qualcuno di cui eravamo innamorati, da sognare la notte ed inseguire di giorno. Avevamo sempre un professore che ci odiava o un'avventura ad aspettarci lí fuori, lontano dai banchi di scuola o dalle prediche dei genitori. Eravamo giovani con tutto il mondo da vivere, mille strade da percorrere, verso quel futuro perso alla fine di un labirinto, che non riuscivamo davvero a vedere. Mi chiedo spesso cosa ne sia stato di noi, adesso. Volenti o nolenti, abbiamo tutti seguito il corso delle cose, senza poterne sfuggire. Come i nostri padri, come i nostri nonni, come pesci piccoli spinti dalla corrente siamo andati avanti. Siamo qui come ogni persona di questa terra, di ogni tempo, speciale o ordinaria, e ce ne andremo  via allo stesso modo. Dopo aver amato, imparato,  creato, temuto, sperato, toccherà a qualcun altro far girare questa ruota che non si ferma mai, che non ci lascia il tempo di capire dove la stiamo spingendo. Guardo fuori da questa finestra lontana da tutti e penso quanto sarebbe bello, solo per una volta, domani svegliarmi con i compagni di classe che mi chiamano da fuori, pronti a gettarsi nella vita senza pensieri. A saltare di nuovo tra gli scogli di quel molo, zaini di scuola in spalla, con il sorriso ingenuo di chi pensa di avere il mondo in mano. Proprio come tanti anni fa.