giovedì 16 maggio 2013

Pomeriggio Invisibile (Foto delle Panchine by Marco Muscianisi)



Era ora di pranzo. Nessun rumore per le strade, i negozi e le botteghe avevano chiuso già da un pò. Il vento faceva danzare sul marciapiede i volantini di qualche giorno fa, mentre un cane randagio si adagiava all'ombra di un muro, per sfuggire la calura. Nella spiaggetta sul lungomare una cassetta della frutta, naufraga da chissà quale avventura, si faceva trascinare dalle onde fino a graffiare la battigia. Era triste pensare che nessuno le prestasse attenzione, che quella piccola carcassa di legno quasi non esistesse più.
Nella campagna non lontana, il sole siciliano batteva forte sulle rocce e tutto il resto. L'odore degli ulivi ed il canto dei grilli pungevano l'aria in una sinfonia  singolare.
Nulla era mai davvero cambiato, in quei luoghi a me cari. E niente, nell'istante di un pomeriggio qualunque, sembrava fuori posto.
Forse era quello l'attimo vero della giornata, pensai, l'angolo sincero di vita della nostra terra. Lontano dal fracasso di macchine e macchinari, da chiacchiere e stramazzi, monete e mercati. Il vero stava in quel cielo che si arrossava e nei colombi che si posavano sulle panchine vuote del lungomare.
Ed io mi tenevo a distanza, come nascosto, per assorbire quel significato e gioirne, anche solo per poco.
Poi i pescatori  tornarono in mare e le auto cominciarono a riempire il porto, aspettando i traghetti per quelle isole che, da qui, sembrano piccole illusioni all'orizzonte.
Iniziava un'altra sera nel mio paese d'infanzia, terra di ogni mio desiderio, culla e madre di ogni ricordo, e così mi mescolai tra la gente fin quasi a svanire.  

mercoledì 1 maggio 2013

I Fiori del cimitero


Strappàti dal mondo dei colori, per riempire vasi e tombe, sono i fiori e le persone del cimitero.  Cadono i petali come cadono gli uomini, sbattuti dal vento tra i cipressi messi in fila, davanti all'entrata. In un pomeriggio immobile di primavera, una famiglia vestita per bene ne lascia un mazzo fresco davanti al sepolcro, gettando nell'immondizia quelli appassiti. Il nuovo ha rimpiazzato il vecchio, ancora per una volta e senza alcuna alternativa. Un bimbo di neanche un anno saluta con la manina il nonno mai incontrato. Ma non c'e' nessuno, davvero, li' sotto la terra. Il cimitero  -lucida verita'-  e' vuoto e senza anima. Solo gli insetti brulicano nelle loro attivita' notturne, escono dalle fessure e si fanno strada sul gelido marmo. Larve si muovono nell'acqua stantia delle urne, nel buio pesto di una notte senza luna. Non e' rimasto nessuno da omaggiare, riverire o con cui parlare. Son tutti via a continuare quel viaggio che noi neanche comprendiamo. I fiori appassiranno presto, i ceri si consumeranno. Rimarranno le foto e le scritte sui loculi tutti uguali. Ogni mattina arriva il custode e riapre quei cancelli alti e pesanti, che la ruggine fa suonare come un timido lamento. Giornate di pioggia, di vento, di tuoni. A volte non arriva nessuno.  Crisantemi morti ed anneriti dal tempo, sparsi sul sentiero. Qualcuno, per far ordine, li getterà via.

A volte mi avventuro tra quegli echi di passato, per sentir nell'animo il brivido dell'antico, assorbire quei volti svaniti dalla memoria dei viventi. E sulle tombe più vecchie, annientate dagli anni e le intemperie, mi soffermo a lungo a contemplare. Un giorno, in questa realtà terrena,  quando il mio corpo sarà materia e nient'altro, quando tra la gente nessuno conoscerà  il mio nome, io non sarò davvero mai esistito. Pongo un piccolo fiore sull' immagine di una donna mai incontrata, preziosa come tutte le cose scomparse, poi vado via .   

mercoledì 6 marzo 2013

L'Isola di Milazzo




Dopo un violento terremoto, in un giorno caldo d'estate, la penisola di Milazzo si staccò dalle altre terre. Successe tutto in un istante, mentre i politici dibattevano animatamente tra loro  e giovani e vecchi protestavano in piazza. Non ci fu davvero nessun danno, ma la gente dimenticò quel che stava facendo e si precipitò a guardare dai bordi della costa. Il paese adesso scivolava,  dolcemente, su quelle acque  di un turchino meraviglioso. Come in un sogno inaspettato, tutti si sporgevano per ammirare quel prodigio. Adesso Milazzo era un'isoletta senza ancora, in preda ai mari e alla natura dei venti. Nessuno voleva o sapeva come fermarla. Alcuni intravidero ben presto i litorali del centro Italia, poi fu la volta di quelli del nord. Da lì ogni esule milazzese, non credendo ai suoi occhi, saltava su quella striscia di terra, abbandonando i luoghi che lo avevano adottato. Francia e Spagna furono le tappe successive, mentre intere famiglie tendevano le mani ai loro cari, che adesso tornavano a casa con un solo balzo. Il viaggio di Milazzo continuò senza sosta, mentre i bambini ammiravano stupiti gli elefanti e le giraffe dell' Africa. Era la più strabiliante ed incredibile di tutte le avventure, un alternarsi fiabesco di caldo e freddo,  pioggia e ciel sereno. La gente sorrideva e si abbracciava, erano di nuovo tutti insieme. Quando l'isoletta si trovò in mare aperto, alla volta delle Americhe, i vecchi pescatori cominciarono a gettare le reti in mare, meravigliandosi nel vedere pesci dalle forme e dai colori sconosciuti. Quella sera, i milazzesi disposero centinaia e centinaia di tavoli sul lungomare. Si sedettero tutti insieme in una tavolata di cui non si vedeva la fine, mangiando i frutti di quelle acque ed osservando la schiuma bianca delle onde, che pareva quasi burro per le loro pagnotte. I contadini portarono frutta, verdure per l'insalata ed un vino delizioso, mentre i pasticceri offrirono cannoli e cassatine a volontà. C'era anche chi arrostiva la carne dei suoi vitelli e spandeva nell'aria un odore delizioso. Poi, alla fine della cena, il sindaco ed il prete chiamarono all'appello i cittadini che erano appena ritornati in patria, incitandoli a raccontare le loro storie. Uomini, donne e bambini ascoltavano affascinati la grande emozione di quelle voci e applaudivano commossamente. Era stata una giornata storica, surreale, da riempire il cuore e dare un senso a tutte le cose, finalmente. Lasciarono tutti  il banchetto e si diressero sereni verso le loro case. Qualcuno dormì sulla spiaggia, altri non chiusero occhio per l'eccitazione, non volendo perdersi neanche un secondo di quella traversata. Nelle prime ore del mattino, l'America si stagliava imponente all'orizzonte. I primi a vederla furono dei ragazzini,  appostati sulle torri dell'antico castello. Fu allora che sentii chiamare il mio nome, a squarciagola, da migliaia di voci. Le campane di ogni chiesa di Milazzo suonavano a festa, la banda picchiava sui tamburi a più non posso, ed alla musica si univa il clacson di auto e motorini. Erano venuti a prendermi. Afferrai  il bambino tra le braccia e chiamai mia moglie, che stava per andare al lavoro. Le dissi di correre, di non prendere niente con sé e di lasciar le valigie. Su quella striscia di terra, adesso sempre più vicina, c'era tutto quello che potevamo desiderare. Durò solo un attimo, ma quello fu il salto più bello di tutta la mia vita, anche se avevo gli occhi pieni di lacrime e non vidi un granchè. Sospeso tra quei due mondi ora così vicini, sentii l'anima risvegliarsi da un sonno durato anni. 
Ci presero al volo le braccia di mio fratello, mio padre, mia madre e tutti gli amici, con il sorriso radioso di chi non poteva ancora crederci. Mio figlio vide subito dei piccolini giocare in piazza, e si unì a loro parlando italiano. Tutte le cose avevano un senso, adesso, un'armonia. Avevamo trovato la pace, quando forse eravamo pronti ad abbandonare ogni speranza. Le campane non smettevano di suonare, la gente si abbracciava e si stringeva le mani. C'era un gran vociare ed un immenso entusiasmo, come era giusto che fosse. Milazzo non aveva bisogno di niente altro che dei suoi abitanti, delle grosse arance succose, le campagne, l'olio d'oliva, gli animali ed il mare a fare da contorno. Erano arrivati i tempi che ognuno di noi aveva atteso, spesso con dolore ed incertezza. Era un nuovo inizio e niente avrebbe potuto cambiarlo. Milazzo si mosse ancora per qualche settimana, riprendendosi ad uno ad uno coloro che se ne erano dovuti allontanare, poi la sua rotta cambiò per tornare in Sicilia. E si fermò quasi a toccarla, tra le Isole Eolie ed il Golfo di Patti. Rimanemmo tutti lì, cullati dal Mar Tirreno e scaldati dal clima al quale eravamo familiari. Imparammo la lezione e fummo grati alla natura per averci dato un'altra occasione. A metà 2013, eravamo i cittadini orgogliosi dell'isola di Milazzo. La gente di tutto il mondo ne parlò come se fosse una leggenda, ed i turisti fecero a gara per vedere se tutto questo fosse vero. Alcuni lo intuivano, pochissimi ne conoscevano il segreto e preferivano tacere.

Era soltanto il sogno di un emigrato siciliano in terra straniera, messo su carta in una notte di grande nostalgia. Ma non si rovina la poesia, non si distrugge un quadro, non si calpesta un fiore nell'arido deserto. Se può dare speranza o sollievo, meglio lasciar fluttuare nell'aria la sua essenza. Per chiunque voglia coglierla.