Giorni
Mio padre era ancora un ragazzo e lo guardavo mentre,
sporgendosi da quella scala di legno consumato, stendeva la carta da parati
sulle pareti del corridoio. Erano giorni di vita nuova, con due bimbi che
cominciavano giá le elementari e tanta aria di ottimismo. La giovane famiglia
cresceva e cambiava, e così la casa ed ogni cosa al suo interno. Lui passava la
colla sul muro ascoltando la radio locale, che mescolava Ramazzotti ad Elton
John. Erano gli anni '80 dei mangianastri, delle foto con la Polaroid, lo
zainetto Invicta ed i paninari, lo Swatch come orologio ed i primi video musicali
su MTV. Il mondo era più ingenuo e tutto sembrava semplice e meno pericoloso.
Mia madre aveva cominciato a portare i capelli corti, mentre
io mi ero abituato al primo paio di
occhiali da vista, con le stanghette arrotondate alla fine per non scivolare
dalle orecchie. Ricordo ancora le visite dall'oculista, quando il
dottore mi chiedeva se il canarino era dentro o fuori dalla gabbia, o se il
pesciolino rosso era nella sua boccetta. Poi, puntualmente, alla fine chiamava l'infermiera per mettermi un
collirio dall'odore forte e sgradevole, che mi appannava la vista per una buona
mezz'ora, turbandomi non poco.
E in una mattina in cui non capii bene cosa stesse accadendo,
mamma mi accompagnò nell'aula del mio primo giorno di scuola. Mi sedetti in
quel banco e trovai tutti gli altri bimbi giá lí, mentre lei mi aveva salutato,
abbracciato e forse pianto, ed era ormai uscita ed andata via. Mi sentii solo e
diverso, ebbi davvero paura ed al tempo non compresi che quella cartella blu,
quei quadernetti e le matite colorate, l'odore della foderina di plastica sul
libro, erano l'inizio vero della mia crescita.
Memoria vivida dei
sabati in giro con mia madre, che in
quel giorno non lavorava e mi teneva con sè, lontano dalle mura di scuola. Andavamo
spesso in una spiaggetta e osservavamo le onde sbattere sugli scogli, o le
navi, le barche e gli aliscafi passarci davanti in quel sogno colorato
d'azzurro.
Nei pomeriggi di primavera, quando tutto cominciava a
scaldarsi, pedalavo sul lungomare con mio fratello e ci fermavamo solo per
comprare le gazzose al chioschetto. Papá e mamma ci salutavano e controllavano
dalla loro panchina, seduti a parlare con amici e parenti. Alla nostra etá, in
quella cittadina tranquilla della Sicilia, sembrava che ogni persona del mondo
fosse felice, che tutto fosse in armonia.
Le nostre lunghe estati, attese cosí a lungo col cuore in
mano, le trascorrevamo in viaggio con gli zii e le cugine, come fossimo una sola
ed inseparabile famiglia. C’eravamo incontrati a pranzo ogni domenica dell'anno
a casa della nonna, e finalmente adesso potevamo avventurarci tra autostrade,
tende, roulotte e campeggi. Notti in
mezzo alla foresta col rumore dei grilli e l'odore dei pini, per risvegliarci
la mattina con un bicchiere di latte ed una brioscia comprati nel piccolo
spaccio locale. Poi tutti insieme ci si vestiva e si andava a visitare la cittá, oppure
restavamo in costume da bagno per divertirci in piscina o alla sala giochi, incontrare i nuovi amici del posto ed
esplorare ancor di piú quel microcosmo, cosí
speciale e diverso dal resto del mondo.
Non credo che ci
saranno mai giorni come quelli, davvero. Intendo che nulla potrá sfiorare la
bellezza dolce ed imperfetta di ogni momento vissuto in quegli anni, cosí
intensamente. Erano attimi di vita pura, onesta, libera e sincera. Ed oggi,
adesso che scrivo da oltre il grande oceano,
lontano nel tempo e nello spazio, sono i ricordi piú cari nel cuore di un
adulto.