venerdì 28 agosto 2009

La Beffa

A volte basta poco per scoppiare in una risata ebete al 100%. Ogni volta che guardo questa foto, scattata circa 5 anni fa a Milazzo, quasi mi prendono le convulsioni e comincio a parlare confusamente svariati linguaggi ormai scomparsi da secoli.
Era la fine di una delle nostre serate da scavezzacollo irresponsabili, senza una meta, un destino o un futuro quantomeno visibile. Eravamo, ed in fondo lo siamo ancora, pieni zeppi di quell’idiozia goliardica che si prende gioco anche della vita stessa. Quel dono mitologico che spesso rende le giornate non facili a chi ti sta vicino, che sia una moglie, una fidanzata o un semplice animale domestico. Ebbene, quella notte avevamo appena terminato una delle nostre temibili e avventurose scorribande nella cittadella ignara e dormiente. Quella Ford Fiesta d’annata aveva ben poco di terrestre, si diceva che la carrozzeria fosse stata rocambolescamente forgiata da fulmini e saette e rimodellata dall’incazzatissimo mare in tempesta. Il suo rombo brutale e lo stridere incontrollato delle ruote in curva erano un’espressione diretta della nostra insensata follia. Dietro di noi si stendeva una densa scia di caos, panico e letale gas organico prodotto incessantemente da mio fratello, il nostro esperto di esplosivi. Non ricordo bene a chi fosse venuta l’idea, probabilmente era il parto collettivo delle nostre menti illuminate, ma quella notte decidemmo di andare a trovare il nostro amico che già dormiva da tempo (un amico che adesso, per comodità, chiamerò Massimiliano B ) e di aspettarlo tutti nel portone del suo palazzo.
Con la macchina.
Spalancammo brutalmente le porte dell’entrata e, mediante rozze manovre del bifolco conducente, ci facemmo strada -tra i molteplici scoppi della marmitta- nel cuore del palazzo silente, mentre ognuno di noi si contraeva in spasmi incontrollabili e piangeva dalle troppe risate.
Non mi è chiaro se questo sia solo il mio modo di ricordare l’accaduto, ma sono quasi certo che in quell’istante il tempo avesse rispettosamente rallentato la sua corsa e qualcuno del vicinato avesse suonato la tromba per celebrare l’ardita vittoria. A quel punto eravamo sudatissimi, completamente deliranti, ebbri di gloria e senza più voce, ma ci abbracciavamo lo stesso in slow-motion come tanti omosessuali in scatola.

Al ricordo, i posteri potranno certamente considerarci come dei “cafoni scellerati” o “irrispettosi mitomani”. Ma qualcuno, qualcuno molto più fico, ci chiamerà “leggende”.

domenica 23 agosto 2009

La Sicilia Che Ne Sa

Che ne sa l’Isola che la Sua gente non è mai cambiata, che le loro gioie, guai e tormenti son sempre gli stessi, che niente si muove mai davvero.
Che ne sa della Mafia, dei supermercati, le auto o i motorini. O del ponte sullo Stretto.
Che ne sa delle elezioni, dell’inflazione, dei computer o dei carabinieri. Che ne sa del resto del mondo.
A Lei non importa, a queste cose non ci pensa. Lei conosce solo la roccia, il legno, la terra, l’erba ed il soffio del vento.
Che ne sa la Sicilia delle mattine a scuola, le cene al ristorante, dei pianti per amore o le risate con gli amici. Che ne sa della disoccupazione, della televisione, delle chiese o dei bar.
Lei sa che l’estate la terra brucia e d’inverno si sta freschi. E quando vuole farsi sentire fa parlare il vulcano.
Che ne sa la Sicilia degli orologi, gli scioperi, la musica, i vestiti, delle lotte o dei trionfi della gente.
Forse un giorno, all’improvviso, tutti gli uomini andranno via. E ci saranno più agrumi sui rami degli alberi, niente più rumore e meno nuvole nere a macchiare il Suo cielo.
Ma di questo la Sicilia non si preoccupa davvero. E sta lì tutto il tempo a fare il bagno, beata, tra il Tirreno, lo Ionio ed il Mediterraneo.