mercoledì 10 novembre 2010

Mamma

Quando mia madre piange, sembra una bimba che il mondo ha maltrattato senza un motivo. Quel pomeriggio d’Agosto la guardavo dalle partenze all’aeroporto, lei con gli occhi verso di noi e quel nipotino che ci ha aiutato ad allevare. Mi sentivo come fossimo strappati via da lei che, dietro le transenne, ci seguiva con gli occhi tristi senza consolazione. Un’altra volta lontani, lontanissimi.
Vorrei che un giorno accadesse qualcosa di grande e giusto, che in un baleno assorbisse le sue ansie e i suoi dolori. Che la prendesse per mano e le dicesse: “Piccola Mariuccia, mi dispiace per come il mondo, a volte, ti ha trattato, per tuo papà che è andato via così presto, per tutti quelli che si son serviti della tua bontà. Adesso sii serena e goditi quel che hai intorno. E’ tempo.”
Guardo la tua foto sulla bici, mamma ormai sessantenne, e mi rendo conto che non sei cresciuta mai davvero. Sei sempre piccola, fragile, innocente, bellissima. Nessuna delle brutture della vita ti ha mai intaccato. Con papà pensi già al Natale in America da noi, così i giorni voleranno leggeri.
 Io a mio figlio parlo sempre di te, di voi, di quel mondo incantato oltre l’oceano. Luca mi guarda, con quei suoi occhioni grandi ed espressivi, e sembra sapere che anche lui viene da lì. Quando sarà più grande e potrà capir meglio, gli racconterò di quei mattini di tanto tempo fa, quando eri un’insegnante. Lasciavi casa alle prime luci del giorno e venivi nel mio letto per baciarmi in fronte, mentre dalla stazione vicina sentivo il fischio dei treni che partivano. Io spesso ero sveglio e credevo che tu stessi andando via verso chissà quale luogo remoto, saltando su una di quelle vetture. Poi, però, tornavi sempre e mi stringevi forte.
Allora, in quel paesino della Sicilia, ero un bimbo piccino con gli occhiali che non sapeva nulla del mondo. Neanche che a svanire lontano, un giorno, sarebbe stato proprio lui.

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