lunedì 8 dicembre 2014

Il Risveglio


Sdraiato nella penombra di quel letto d'ospedale, in un mondo che non era mai stato cosi' lontano dalla mia terra, provavo nel corpo la stretta impietosa della solitudine. Era passata solo qualche ora da quando il chirurgo aveva rimosso quel cancro subdolo che voleva divorarmi. Trascorsi solamente una manciata di minuti sentendomi smarrito, debole, violato. Poi successe tutto in un attimo, naturalmente, nella calma desolante di quella stanza asettica. Vidi l'immagine futura di me stesso, in un tempo dove la sofferenza di questi miei giorni sembrava non essere neanche un ricordo.  Ero un anziano felice dal viso abbronzato, avvolto in un cappotto logoro ma elegante. Seduto su di una panchina di fronte agli scogli, alle onde, alle barchette che si allontanavano, il vecchio Marco ancora sorrideva.  L'infermiera, intanto, mi passo' accanto con una fiala ed una siringa per aiutarmi a lenire i dolori, ma io tenni gli occhi chiusi e quasi non me ne accorsi. Contemplavo ancora  l'immagine di un uomo dipinto in mezzo a quel cielo dall'azzurro pungente, sotto il sole siciliano. Ero davvero io, e davanti al mio mare che tornava a parlarmi, a riempire l'anima di ogni ricchezza. Fu allora che compresi, a cuor leggero, che ogni cosa si sarebbe risolta, che non c'era alcun motivo di rattristarsi. Non era certo la mia prima permanenza tra le mura di un ospedale, costretto ad aggrapparmi alla vita con le unghia. Ancora una volta, quella voce dentro di me aveva chiarito che non c'era tempo per la debolezza, per la depressione, o l'autocommiserazione. Che niente o nessuno mi avrebbe fatto cadere in ginocchio, o sarebbe riuscito a confinarmi nel buio di un angolo.

 Il giorno dopo l'operazione mi ritrovai gia' in piedi, dolorante, ma determinato a tornare a casa. Avevo appena smesso di sanguinare. E da li' ricomincio' tutto, anche se dapprima con difficolta' e limitazioni. Tornai alla mia famiglia e a quei due bimbi splendidi, che non dovevano trascorrere nemmeno un'ora in piu' senza il loro papa'. "Tumore al rene" lo chiamarono i dottori, ma per me era solo una scalinata ripida seguendo la strada giusta. Quella che mi avrebbe portato un giorno verso la panchina di fronte al mare.


2 commenti:

Rosa e Orazio ha detto...

Caro Marco, solo adesso apprendiamo e credici, siamo senza parole. Ci riesce difficile immaginarti in un letto di ospedale, siamo certi nello stesso tempo che si tratta di una breve parentesi. Ti aspettiamo per goderci il mare insieme. Tienici aggiornati della tua salute. Un abbraccio forte forte da Rosa e Orazio.

Marco Talotta ha detto...

Cari Rosa e Orazio, non preoccupatevi perche' sono uscito dall'ospedale dopo solo un giorno dall'operazione. Sono gia' proiettato verso una completa guarigione, senza guardare mai indietro. Il peggio e' passato, con la paura, i dolori successivi all'intervento, la debolezza. Miglioro di giorno in giorno, mentre le cicatrici si rimarginano ed i bimbi mi tengono impegnato. Dovro' naturalmente fare dei controlli per assicurarmi di aver risolto tutto chirurgicamente, ma sono ottimista. La vita va avanti senza freni, ci sono troppe avventure in cui gettarmi e vedo mille sentieri da prendere davanti a me. Un bacio