domenica 23 maggio 2010

La Giornata del Poeta

Soffio dopo soffio il vento suona gli alberi come un organetto stanco, goccia dopo goccia la pioggia cade e riempie il mare. E il poeta se ne sta lì da solo, seduto sulla spiaggia con le gambe incrociate. Non ha più un soldo, una casa, una donna o un amico, nemmeno un rasoio per farsi la barba. Ma per ognuno di quei sassolini che adornano la costa, lui possiede una parola speciale. E’ questa la sua ricchezza. Fissa la linea esile che separa le acque dal cielo e contempla davanti a sé. In quel tramonto astratto il giorno e la sera danzano insieme, come ogni altro giorno. Nascosti tra nuvole grigie, si perdono nell’abbraccio breve di un’attrazione impossibile, di un amore sublime. Poi, senza preavviso, senza che nessuno possa opporvisi, si fa di nuovo buio. E’ una coperta scura smisurata, spaventosamente infinita che copre ogni cosa ed ingoia le montagne. Nel gelo di quell’incontenibile tenebra, il poeta scorge la luce timida delle stelle che si rispecchiano sulla superficie del mare, in un gioco atavico che sembra ancora divertirle. Sono l’ultima oasi per tutti gli uomini che hanno perduto la strada, sono gli occhi di qualcuno che ci guarda da molto lontano sin dall’inizio dei tempi.
Adesso è ora di andare.
Il poeta si alza, riallaccia meticolosamente quelle scarpe malridotte, va verso le onde e vi si immerge fino a sparire. A lui non importa di respirare. E cammina tra i pesci, ammira il labirinto incantato dei fondali e sorride, cercando con gli occhi una città sommersa dove riposare. Chissà quando tornerà. Un gabbiano gli tiene il posto sulla battigia e aspetta, un po’ turbato. Il mondo ha bisogno di poeti.

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